IL POMERIGGIO DI UN PIASTRELLISTA di Lars Gustafsson  

06.10.2024

Perché lo consigliamo?

Perché è un romanzo che inizia compostissimo e scomposto, ordine e caos insieme, in una casa in cui ci sono lavori da fare e che è per metà ristrutturata magnificamente e per l’altra metà lasciata in rovina, con lavori fatti male e non portati a termine.

Perché il protagonista cerca di contrastare quel disordine e cerca di riportare armonia. E perché lo fa proprio nelle stanze di quella casa lasciata a metà che diventano la vita e se all’inizio sembra che non ci sia abbastanza vento, invece poi si vola e molto, molto in alto. 

Cosa ci è piaciuto di più?

La capacità dell’autore di raccontare una storia che sembra “piccolissima” ma che diventa universale. E il modo in cui racconta questa storia: piena di periodi ipotetici, di forse, di congiuntivi, di punti interrogativi. Tutto viene messo in discussione e la storia “piccolissima” diventa un percorso accidentato all’interno della complessità della coscienza umana.
 

C’è qualcosa che non abbiamo gradito?

Arrivare alla fine, perché a mano a mano che si prosegue la lettura del romanzo, già si inizia a rimpiangerlo
 

Frase da sottolineare:

"E più avanti, nella parete corta lasciata a metà, era ancora peggio. Nel bel mezzo piastrelle rotte in cui due e talvolta anche tre pezzi erano stati messi insieme alla bell'e meglio. E dove qualche pezzo mancava, l'avevano semplicemente sostituito con il fissante. Era veramente orrendo. Nemmeno l'istituto delle case popolari avrebbe accettato una finitura del genere.
Torsten rabbrividì. Gli dava una sensazione inquietante vedere un lavoro che era stato iniziato con le migliori intenzioni e che poi, Dio sa per quale motivo, era stato lasciato naufragare nel più grottesco e precario raffazzonamento.
Si sentiva a disagio. La cosa strana non era solo che il suo predecessore aveva così palesemente perso la voglia di lavorare (che si fosse a poco a poco ma con costanza ubriacato nel corso del lavoro non era ovviamente una teoria del tutto priva di fondamento) ma anche che (lui, o loro?) non sembravano essersi minimamente resi conto di quanto il lavoro fosse man mano cambiato e deteriorato. E lo colpì il pensiero che non di rado era proprio quello che succedeva a molte esistenze. O forse non era in realtà quello che succedeva a tutte le esistenze, se si puntava la lampada, e le si osservava abbastanza da vicino? Esisteva una vita che si potesse dire migliorata col passare del tempo? Non era forse vero che le cattive abitudini diventavano sempre più radicate, i compromessi più vischiosi, le incoerenze più grandi? Non era, in poche parole, la vita un costante e lento declino da un certo ordine a un sempre crescente disordine?

...

La vita era quello che era, e diventava quel che diventava. E nemmeno era possibile tornare indietro e riparare.
La miseria dell'esistere."

Lettura consigliata da Manuela Costantini


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