CUORE DI LEGNO di Gian Luigi Piccioli
Perché è più di una semplice "riflessione sull'ambiente". È la storia dell'ultimo giorno di un cedro di ventidue secoli, condannato a morte.
Perché è Sciascia con questo romanzo giallo racconta una delle regioni più belle d’Italia, la Sicilia: una terra cruda, dove poter assaporare i suoi aspetti più scuri e intriganti, in cui si rintracciano le caratteristiche più buie e allo stesso tempo più genuine dell’essere umano. Bugie, tradimenti, false dichiarazioni, incorniciano i temi fondamentali dell’opera: la politica, l’amore e il denaro. La trama cattura fin dalle prime pagine. Una lettera anonima che sa di << minaccia>> per il povero farmacista del paesino, <<Questa lettera è la tua condanna a morte, per quello che hai fatto morirai>>; due omicidi che sembrano fluttuare tra la curiosità, il silenzio, il pettegolezzo e l’omertà dei cittadini. La storia di un duplice omicidio non è altro che il pretesto, che l’autore ha voluto usare, per parlare di Mafia e del suo legame con la politica.
La bravura di questo scrittore poliedrico (giornalista, saggista e politico) del Novecento italiano, sta nell’aver reso il suo libro un giallo semplice ma coinvolgente, con dei risvolti tragicomici. Preciso nelle descrizioni dei luoghi in cui si svolge e si srotola la matassa delittuosa. Incalzante nella fluidità delle frasi semplici che illustrano il modus operandi di una mentalità mafiosa, subdola. Un giallo che non ha bisogno di tanti giri di parole o colpi di scena, 151 pagine scritte tra il 1965 e il 1966 ma che sembrano, purtroppo, ancora attuali.
Ad alcuni potrebbe non piacere il finale, leggermente tranchant, ma per lo stesso identico motivo io, personalmente, lo trovo geniale.
“Pur mancando ogni indizio, fatta eccezione per un mozzicone di sigaro trovato sul luogo del delitto (e presunsero gli inquirenti che nella lunga attesa, in agguato, uno degli assassini lo avesse fumato), non c’era uno nel paese che non avesse già, per conto suo, segretamente, risolto o quasi il mistero; o che si ritenesse in possesso di una chiave per risolverlo."
Questo consiglio di lettura è di Ilaria Muccetti.
E' del 1967 l'omonimo film per la regia di Elio Petri, con interpreti del calibro di Gian Maria Volontè, Itene Papas, Mario Scaccia e Gabriele Ferzetti per dirne alcuni. Presentato in concorso al 20º Festival di Cannes, il film ha conquistato il premio per la migliore sceneggiatura ed è stato protagonista ai Nastri d'argento 1968, con quattro premi vinti: regista del miglior film, migliore sceneggiatura, miglior attore protagonista (Gian Maria Volonté) e miglior attore non protagonista (Gabriele Ferzetti).
Perché è più di una semplice "riflessione sull'ambiente". È la storia dell'ultimo giorno di un cedro di ventidue secoli, condannato a morte.
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